Ebrei in guerra
Dopo l’8 settembre 1943, i 43 mila ebrei italiani furono dichiarati nemici dai fascisti della Repubblica Sociale Italiana (RSI) e divennero il bersaglio dei nazisti che volevano portare a compimento la realizzazione della “soluzione finale”. In questa situazione poche erano le scelte che essi potevano operare: fuggire all’estero, rassegnarsi alla deportazione e allo sterminio oppure combattere il nemico nazi-fascista.
In questa sezione ci occuperemo di quegli ebrei piemontesi (un centinaio fin dalla prima ora) che parteciparono direttamente alla Resistenza, imbracciando le armi e unendosi alle formazioni partigiane operanti sul territorio; di quelli (impossibili da quantificare) che misero in atto altre forme di “resistenza senza armi” come l’assistenza e il ricetto, la collaborazione, la raccolta di fondi, l’organizzazione di una rete di soccorso per i clandestini ma anche di quanti furono arrestati e deportati semplicemente in quanto ebrei.
La documentazione utilizzata è costituita soprattutto da materiale cartaceo di vario genere (dichiarazioni, lettere, certificati, trascrizioni di interviste, schede personali raccolte nel dopoguerra dal CDEC - Centro Documentazione Ebraica Contemporanea, estratti letterari e memorialistici ma comprende anche audiovisivi (interviste) e fotografie. Alcuni documenti attestano i rapporti con la Resistenza francese e la collaborazione con i servizi segreti statunitensi (OSS ovvero Office of Strategic Services).