Denominazione delle formazioni, questioni organizzative e di prestigio
Le formazioni sono organismi vivi; a seconda dell’andamento del conflitto, con lo scorrere dei mesi, la loro fisionomia varia, crescono, talvolta – come nel caso della crisi dell’inverno del 1944 o a seguito di colpi ricevuti dal nemico – si ridimensionano. L’8 gennaio 1945, Nito (Carlo Drago), comandante generale delle formazioni autonome scrive al Comando del I Gruppo di divisioni alpine (agli ordini di Mauri), prendendo atto della sua riorganizzazione dopo le battaglie sostenute in dicembre. Chiede però chiarimenti riguardo alle denominazioni, precisando che per consuetudine una brigata deve avere almeno 250 uomini, una divisione 600; non sono dettagli burocratici dal punto di vista di chi organizza la Resistenza dal centro: brigate e divisioni son le forze prese in considerazione quando si pianifica un disegno operativo complessivo e ovviamente occorre sapere quanti sono effettivamente i combattenti su cui si può contare. Perciò Nito, qualora le denominazioni non corrispondano agli effettivi presenti, chiede di rivederle, senza lasciare spazio alle considerazioni di prestigio e concorrenza con le altre formazioni. [Istoreto, Archivio originario, b. B 45, fasc. a] |