Protagonismo collettivo -
Le donne
Dopo l’8 settembre le donne, che già durante la prima fase della guerra avevano dovuto assumersi nuovi e più ampi compiti e responsabilità, nell’organizzazione della vita quotidiana come nel lavoro, entrano potentemente sulla scena politica. Le ragioni della scelta sono, come per i loro compagni maschi diverse e soggettive, ma il fatto di essere donne rende questa scelta più complessa è straordinariamente rivoluzionaria, soprattutto per quelle che prendono le armi e che vanno in montagna.
L’uscita dalla casa, l’allontanarsi dalla famiglia le porta a frequentare ambienti promiscui, dalle bande alle carceri. Le donne alloggiano, curano, nutrono i partigiani e i renitenti, trasportano denaro, ordini e armi, sono quindi uno snodo fondamentale nella complessa organizzazione della Resistenza.
Dal novembre del 1943 molte di loro, benché già presenti nella lotta di liberazione, si uniscono nei Gruppi di difesa della donna (Gdd) dove agli aspetti patriottici di difesa del proprio Paese sono fortemente intrecciati a rivendicazioni di natura politica (il voto, l’aumento dei minimi salariali, ecc.).
La Resistenza è dunque per le donne l’occasione di una militanza politica, ma anche di una scelta di libertà individuale, di partecipazione attiva e visibile alla vita della nazione e al cambiamento della società. Anche se, dopo la guerra molte di loro sono tornate a rivestire un ruolo tradizionale, la lotta partigiana ha segnato un punto di non ritorno verso la volontà di riscatto da una famiglia e da una società patriarcale.